COMUNICATO STAMPA COORDINAMENTO ACQUA PUBBLICA FROSINONE
Acqua: liberiamo i cittadini!
L’assemblea dei sindaci del 10 gennaio ha aperto un duro scontro tra i sindaci appartenenti ai vari schieramenti riguardante la gestione del servizio idrico integrato e le sue prospettive.
Al di la dei torti e delle ragioni registrati nello scontro politico cui il Coordinamento Acqua Pubblica della Provincia di Frosinone non intende essere coinvolto, bisogna riscontrare comunque l’unanimità di tutti gli intervenuti che concordemente hanno riconosciuto quanto da sempre sostenuto dallo stesso coordinamento in ordine ai danni che arrecati ai cittadini, ai comuni ed al territorio dalla gestione di ACEA ATO5 S.p.A. e sulla necessità di giungere alla risoluzione della convenzione.
Questo fatto non era in passato né scontato né pacifico, per anni i comitati ed i cittadini hanno dovuto condurre in solitudine e spesso con l’ostilità e l’opposizione delle istituzione che li avrebbero dovuti difendere, una battaglia per il ripristino della legalità e della trasparenza.
Assunto con soddisfazione questo innegabile risultato politico, il Coordinamento Acqua Pubblica della Provincia di Frosinone trova intollerabile che per un mero calcolo politico si continui a tergiversare senza dare la ovvia conclusione a quanto deliberato all’unanimità dall’assemblea dei sindaci il 21 dicembre del 2009.
E’ intollerabile in primo luogo perché questa assurda perdita di tempo viene pagata direttamente ed immediatamente dai cittadini, che continuano a patire ancora in questi giorni sia le inefficienze, sia le omissioni e sia le minacce a mezzo posta del gestore.
Intollerabile perchè se non ci fossero gli sportelli dei comitati, i cittadini sarebbero totalmente indifesi ed inermi, anche per le responsabilità gravissime delle amministrazioni comunali che nulla fanno e nulla dicono e di CGIL, CISL e UIL, che ripropongo il solito ritornello infondato e pretestuoso di contrapporre alle giuste rivendicazioni dei cittadini il falso problema della difesa dell’occupazione (per legge i dipendenti di un gestore estromesso passano automaticamente e senza soluzione di continuità al gestore successivo!).
Questo tipo di atteggiamento è oggettivamente sintomo di complicità con l’azienda in danno dei cittadini, per altro in larghissima maggioranza lavoratori anch’essi, se non cassintegrati, disoccupati e pensionati al minimo dell’assegno.
Ricordato con forza come le responsabilità su quanto avvenuto siano per altro già al vaglio della magistratura, cui compete l’attribuzione dei fatti di rilevanza penale, il Coordinamento Acqua Pubblica della Provincia di Frosinone invita l’assemblea dei sindaci del 24 p.v. a ritrovare lo spirito unitario del 21 dicembre 2009 e a votare in coerenza con questi, l’avvio della risoluzione del contratto.
Frosinone, 16.01.2011
Coordinamento Acqua Pubblica della Provincia di Frosinone
Il Messaggero Fr 16.1.11 p.33
Si conferma nero questo avvio del 2011 per l’inquinamento atmosferico. Nella giornata di venerdì i valori di pm10 registrati dalle centraline sono arrivati alle stelle: 182 mc/mc a Ceccano e 179 mg/mc a Frosinone Scalo. Va un po’ meglio altrove, ma praticamente tutti i punti di registrazione della qualità dell’aria in provincia hanno mostrato valori oltre la soglia consentita (50mg/mc): 91 ad Alatri; 81 in via Mazzini, parte alta di Frosinone; 80 a Ferentino; intorno ai 60 altrove. Le situazioni particolarmente critiche, registrate a Ceccano e Frosinone scalo, non sono certo una novità: i giorni di sforamento, per entrambe le postazioni, su 14 giorni di rilevazioni dall’inizio dell’anno, sono proprio 14. Le amministrazioni si apprestano così a prendere le relative contromisure: oggi e domani, per esempio, secondo appuntamento ecologico per la città dei Conti. Dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 18 è vietata la circolazione alle auto più inquinanti (via libera ad euro 3, 4 e 5 a benzina e 4 e 5 diesel, oltre a quelle eco) non solo sulle strade del centro storico ma anche su tutta la parte bassa della città, che diventerà, per chi non ha vetture ecologiche, praticamente inaccessibile. Il capoluogo si prepara invece al primo appuntamento del 2011 con il blocco totale del traffico: domenica prossima, 23 gennaio, dalle 8 alle 18 l’intera città sarà raggiungibile solo a piedi.
ANAGNI, ROVERELLE SECOLARI DA PROTEGGERE
Leggi il bellissimo servizio-segnalazione di Anagni scuola futura
ANAGNI. IL PUNTO SULLA DIOSSINA DELLA MARANGONI TYRE
Il Tempo Fr 16.1.11 - di Ivan Quiselli
Lo scandalo alimentare che ha portato alla chiusura temporanea in Germania di oltre 4.700 allevamenti di polli e suini a causa della contaminazione da diossina di uova e mangimi dà, di nuovo, l'occasione ad associazioni ambientaliste e alle Istituzioni preposte di discutere dell'argomento, anche alla luce dei recenti fatti di cronaca che hanno visto sul banco degli imputati lo stabilimento anagnino, sito in località Quattro strade, della Marangoni Maind. L'azienda, oggi leader nella produzione di pneumatici, torna a ribadire la propria estraneità ai fatti, vale a dire la responsabilità della presenza di tracce di diossina in alcune uova di un pollaio sito poco lontano: «Non siamo noi la causa di questo tipo di inquinamento, del resto le uova risultate positive sono tutte provenienti dallo stesso allevamento. Non è, dunque, a questo indirizzo che vanno cercato gli inquinatori». Quanto accaduto in Germania nei giorni scorsi, che ha già portato a un drastico calo delle vendite di questi prodotti, infliggendo un duro colpo alla fiducia dei consumatori nel sistema di controlli del settore, sembra, oggi, voler dare ragione all'azienda. Solo pochi mesi fa, il sindaco del comune di Anagni, proprio a causa della presenza di diossina in loco, aveva ordinato «il divieto di consumo e commercializzazione di ortaggi, frutta, foraggi, uova e pollame nel raggio di cinquecento metri in linea d'aria dal bivio delle Quattro strade e nello stesso raggio il divieto di razzolamento e pascolo degli animali». Ordinanza tutto in vigore. Oggi, dunque, le accuse alla Marangoni potrebbero essere ridimensionate, sebbene le associazioni ambientaliste non intendano abbassare la guardia e organizzano raccolte di fondi per fare fronte alle spese legali nelle battaglia contro lo stabilimento: «Sservono risorse immense – spiega Alessandro Compagno, presidente dell'associazione "Diritto alla salute", tra i principali gruppi di opposizione delle politiche industriali della Marangoni – La lotta è contro un'azienda che ha istituzionalmente uffici legali preposti a questo tipo di contenziosi. I cittadini non godono di questo tipo di salvaguardia legale». Nonostante tutto, resta alta la paura per una situazione ambientale già di per sé compromessa su ogni fronte: il territorio, chiuso in una valle, ha subìto oltre cinquant'anni di industrializzazione fatta di produzioni soprattutto chimico-farmaceutiche, attraversato da imponenti vie di comunicazione, da elettrodotti e infestato da discariche, più o meno visibili, di scarti industriali (come la recente scoperta dei fusti di lindano sotterrati lungo le sponde del fiume Sacco). In questa area industriale non esiste ancora oggi nessun impianto di depurazione delle acque utilizzate dalle industrie. La bonifica dell'area è iniziata un anno fa, dopo che nel 2005 venne trovato, nel latte della Centrale di Roma proveniente dagli allevamenti della zona, il betaesaclorocicloesano, un derivato di sintesi del lindano, potente pesticida prodotto a Colleferro. Ma il lavoro da fare, ad oggi, è ancora molto.
ANAGNI Gerardo Magale dal 1992 dirige la Marangoni Tyre di Anagn - Fin dalle prime battute della polemica che ha convolto il suo stabilimento è stato il più strenuo difensore della causa, cercando sempre di dialogare col territorio.
Il Tempo Fr 16.1.11
E soprattutto ricordiamo la sua auto-definizione, quella di "industriale asburgico" (ndr)
Dopo aver rinvenuto uova e carni
suine contaminate dalla diossina in Germania, l'Europa è scattata
sull'attenti. In piccolo, anche nel nostro territorio e in particolare
ad Anagni, nei pressi dello stabilimento, sono state rinvenute
concentrazioni di diossina superiori alla norma nelle uova di un piccolo
pollaio. Anche se non siete mai stati accusati direttamente, il
sospetto che la diossina provenisse dal termovalorizzatore era latente,
fino a quando l'Arpa vi ha completamente scagionato. È possibile,
secondo Lei, che anche nel nostro caso la responsabilità possa essere
attribuita ai mangimi? «L'abbiamo sempre sostenuto, anche se le nostre
tesi sono state giudicate di parte e con sufficienza. Ma abbiamo avuto
l'umiltà di documentarci prima di esprimere le nostre tesi. La
letteratura mondiale che ha affrontato questi problemi ha sempre
affermato che in tutti i casi accertati di alta concentrazione di
diossina nelle uova la responsabilità è stata attribuita ai mangimi». Le
associazioni ambientaliste comunque hanno contestato che nel previsto
utilizzo come combustibile nell'impianto di termovalorizzazione del
famigerato car-fluff, le concentrazioni di diossina sarebbero
raddoppiate. L'avete dichiarato voi nella richiesta di Via... «Anche qui
bisogna sgombrare il campo da inutili sterili polemiche e affermazioni
qualunquistiche, che hanno il potere solo di spaventare la gente. Le
concentrazioni di diossina che escono dai nostri camini, attualmente,
sono talmente infinitesimali che gli strumenti di rilevazione faticano
perfino a rilevarle. I risultati delle analisi effettuate dal 6 aprile
2010 e concluse il 20 dai laboratori dell'Agenzia per la Protezione
Ambientale della Toscana, e guarda caso non dall'Arpa Lazio, che non ha
le attrezzature necessarie, danno valori inferiori a 0,005 nanogrammi
per normalmetrocubo. Un nanogrammo è pari alla miliardesima parte di un
grammo. Per rilevare queste particelle occorrono strumenti particolari a
disposizione di pochissime strutture in Italia. Qualora fossimo
autorizzati a utilizzare anche il car-fluff come combustibile nei nostri
impianti, i valori delle emissioni di diossina potrebbero raddoppiare e
quindi passare a un valore sempre inferiore di circa 100 volte al
limite consentito dalla legge. Questo sarebbe l'elemento di maggior
contrasto dei nostri oppositori. Le diossine complessivamente emesse
ogni anno dall'impianto gestito da Marangoni Tyre sono 100 volte
inferiori a quelle prodotte dalla combustione di un quintale di legna in
un comune caminetto domestico! Insomma, la valenza tecnica di questa
opposizione è insignificante, ed è per questo che continuo a sostenere
che le autorizzazioni sono state negate per motivi non tecnici e quindi
in contrasto con il dettato legislativo. Siamo certi che questi dati
oggettivi, anche alla luce dei recenti episodi verificatisi in Germania,
fugheranno qualsiasi dubbio residuo sul fatto che la fonte delle
diossine rinvenute in località Quattro Strade vada cercata oltre».
FRANCESCO SCALIA E FERDINANDO RICCARDI SI DIFENDONO: "SOMME DOVUTE"
Il Messaggero Fr 16.1.11 pp.32 (prima) e 33 - di Denise Compagnone
«Somme
assolutamente dovute». Francesco Scalia e Ferdinando Riccardi, due dei
quattro indagati dalla Procura della Repubblica per abuso d’ufficio, in
relazione ai presunti emolumenti erogati in violazione del principio di
omnicomprensività della retribuzione, illustrano la loro versione. E lo
fanno punto per punto, in risposta ad ognuna delle accuse rivolte loro
(e agli altri due indagati, gli ex dirigenti Luigi Russo e Vincenzo
Affinati) dai pm Adolfo Coletta e Rita Caracuzzo, sulla base della
relazione redatta dall’ispettore della Ragioneria Generale dello Stato
Vito Tatò lo scorso anno.
Scalia, ex presidente della Provincia, è accusato di aver percepito dall’ente somme non dovute per l’importo di 170 euro mensili (30mila totali), come responsabile del Patto Territoriale, quando - secondo la relazione - la normativa non prevedeva compensi. Scalia, invece, cita i riferimenti legislativi per i quali il compenso è previsto: l’art 4 del D.M. 320/00 e Disciplinare di Incarico. «Detto compenso - spiega - interamente a carico del Ministero per le Attività Produttive (non dalla Provincia) e da quest’ultimo corrisposto, tra l’altro senza sollevare alcun rilievo, era funzionale a retribuire lo svolgimento di varie attività di gestione dei finanziamenti concessi alle imprese firmatarie del Patto per lo Sviluppo: attività non rientranti nei compiti di Presidente della Provincia. Una importante responsabilità penale, civile e patrimoniale». E quindi, conclude: «Soldi ben spesi dal Ministero visto che il patto di Frosinone è stato giudicato tra i migliori in Italia»
Riccardi risponde sugli altri punti, i mandati di pagamenti, per esempio. «Non sono stati predisposti ed effettuati dal sottoscritto - dice - ma da persone diverse come previsto nelle delibere di Giunta per attività di consulenza aggiuntiva rispetto a quanto previsto nel contratto».
In particolare quando nella relazione si afferma che l’Aato 5 e la Sto «siano un ufficio della Provincia», Riccardi specifica che è «la stessa Ragioneria dello Stato nel novembre del 2010 a sconfessare il suo stesso ispettore affermando l’autonomia giuridica della Sto». L’ultimo punto, sempre con la stessa accusa, riguarda l’operazione di swap, che permise all’ente di incassare 1.6 milioni di euro. Riccardi replica così: «Si trattava di un incarico aggiuntivo autorizzato dalla Giunta, non previsto dal contratto. Ho svolto attività finanziarie complesse dal maggio 2007 fino al febbraio 2009, per un’operazione portata come esempio di buona amministrazione addirittura dal direttore Generale della Consob».
Scalia, ex presidente della Provincia, è accusato di aver percepito dall’ente somme non dovute per l’importo di 170 euro mensili (30mila totali), come responsabile del Patto Territoriale, quando - secondo la relazione - la normativa non prevedeva compensi. Scalia, invece, cita i riferimenti legislativi per i quali il compenso è previsto: l’art 4 del D.M. 320/00 e Disciplinare di Incarico. «Detto compenso - spiega - interamente a carico del Ministero per le Attività Produttive (non dalla Provincia) e da quest’ultimo corrisposto, tra l’altro senza sollevare alcun rilievo, era funzionale a retribuire lo svolgimento di varie attività di gestione dei finanziamenti concessi alle imprese firmatarie del Patto per lo Sviluppo: attività non rientranti nei compiti di Presidente della Provincia. Una importante responsabilità penale, civile e patrimoniale». E quindi, conclude: «Soldi ben spesi dal Ministero visto che il patto di Frosinone è stato giudicato tra i migliori in Italia»
Riccardi risponde sugli altri punti, i mandati di pagamenti, per esempio. «Non sono stati predisposti ed effettuati dal sottoscritto - dice - ma da persone diverse come previsto nelle delibere di Giunta per attività di consulenza aggiuntiva rispetto a quanto previsto nel contratto».
In particolare quando nella relazione si afferma che l’Aato 5 e la Sto «siano un ufficio della Provincia», Riccardi specifica che è «la stessa Ragioneria dello Stato nel novembre del 2010 a sconfessare il suo stesso ispettore affermando l’autonomia giuridica della Sto». L’ultimo punto, sempre con la stessa accusa, riguarda l’operazione di swap, che permise all’ente di incassare 1.6 milioni di euro. Riccardi replica così: «Si trattava di un incarico aggiuntivo autorizzato dalla Giunta, non previsto dal contratto. Ho svolto attività finanziarie complesse dal maggio 2007 fino al febbraio 2009, per un’operazione portata come esempio di buona amministrazione addirittura dal direttore Generale della Consob».